Sicuramente il suo nome e quello della sua impresa non vi dicono
niente. Eppure nelle sue mani passano la gran parte degli alimenti che
riuscite a immaginare. Cargill è una delle quattro compagnie che
controllano il 70% del commercio mondiale del cibo. Mentre il mondo
affronta la più grande crisi alimentare da decenni, loro fanno cassa
“leggendo i mercati”….. Funziona così.Voi non lo sapete, ma il pane
della vostra colazione è una merce con più valore del petrolio. La
farina con cui è fatto si chiama Cargill. Vi dice qualcosa? E si chiama
Cargill anche il grasso del burro che spalmate sul pane e il glucosio
della marmellata.Cargill è il mangime che ha ingrassato la vacca da
latte e la gallina che ha fatto le uova che friggiamo in padella.
Cargill è il chicco di caffè e il seme di cacao; la fibra dei biscotti e
l’olio di soia. Il dolcificante delle bibite, la carne dell’hamburger,
la farina della pasta? Cargil. E il mais dei nachos, il girasole
dell’olio, il fosfato dei fertilizzanti…?
E l’amido che le industrie del petrolio raffinano per convertirlo in etanolo e mescolarlo alla benzina? Indovinate.
NON CERCATE MARCHE O ETICHETTE NON LE TROVERETEE l’amido che le industrie del petrolio raffinano per convertirlo in etanolo e mescolarlo alla benzina? Indovinate.
Cargill ha attraversato la storia in punta di piedi. Com’è
possibile che un’impresa fondata nel 1865, con 131.000 impiegati divisi
in 67 paesi, con un fatturato annuo di 120.000 milioni di dollari,
quattro volte quello di Coca-Cola e cinque quello di McDonald sia così
sconosciuta? Come si spiega che una compagnia così gigantesca,
con conti che superano l’economia del Kuwait, del Perù e di altri 80
paesi, sia passata inosservata? In parte perché è un’impresa familiare.
Sì, i numeri stupiscono, ma Cargill non è quotata in borsa e non deve
dar conto a nessuno. I soci sono uno sciame di discendenti dei
fondatori, i fratelli William e Samuel Cargill, contadini dello Iowa che
crearono un impero nel XIX secolo grazie a un silos di cereali
collegato alla via ferroviaria in un paesino della prateria che non
esisteva sulla cartina. Più tardi, un cognato – John MacMillan – prese
le redini e per decenni, i Cargill e i MacMillan aggiunsero silos di
grano, mulini, mine di sale, macelli e una flotta di navi mercantili.
Oggi, circa 80 discendenti si suddividono i ricavati e giocano a golf.
Di loro si sa poco, salvo che nelle feste gli uomini portano gonne
scozzesi per onorare gli antenati. E che sette siedono nel consiglio
d’amministrazione e sono nella lista Forbes dei più ricchi del pianeta,
con fortune che si aggirano attorno ai 7000 milioni ciascuno. Il
presidente della compagnia è Greg Page, un tipo flemmatico a cui piace
dire, con lentezza, che Cargill si dedica “alla commercializzazione
della fotosintesi”.
IN REALTA’ C’E’ POCO DA SCHERZARE
Quest’anno i prezzi degli alimenti di base sono aumentati in modo
vertiginoso: il grano l’80%, il mais 63, e il riso, quasi il 10; i tre
cereali che danno d mangiare all’umanità. Sono massimi storici, avverte
la FAO, maggiori dei prezzi che nel 2008 causarono rivolte in 40 paesi e
condannarono alla fame 130 milioni di persone. E i prezzi continueranno
ad aumentare, pronostica il Financial Times. “Il prezzo dei cereali è
critico per la sicurezza alimentare perché è l’elemento di base dei
paesi poveri. Se i prezzi continuano a crescere ci saranno altre
rivolte”.Le cause sono molteplici. Un insieme di siccità, cattivi
raccolti e speculazioni. A guadagnarci sono in pochi. E tra loro ci sono
le mastodontiche imprese che controllano il commercio mondiale dei
cereali. Cargill ha triplicato i benefici nell’ultimo semestre e i suoi
guadagni superano i 4000 milioni di dollari, record raggiunto nel 2008
nel pieno della crisi alimentare. La compagnia aveva scommesso che la
siccità in Russia, uno dei grandi produttori mondiali, avrebbe obbligato
Vladimir Putin a proibire le esportazioni per assicurare il consumo
interno. E indovinò. “Abbiamo fatto un buon lavoro leggendo i mercati e
abbiamo reagito rapidamente”, spiegò un portavoce di Cargill. In cosa
consiste la reazione? Si tratta, essenzialmente, di giocare al Monopoli,
comprando i raccolti nel mercato del futuro, cioè prima che sia
piantato un solo seme, e di venderli poi in un posto o l’altro del
pianeta, là dove risulti più proficuo..
Fonte: Ilfattaccio.org
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